Il cambiamento climatico minaccia la sopravvivenza delle civiltà umane sul nostro pianeta. Da questo punto di vista concerne tutto e tutti. Il Rapporto speciale del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico IPCC dell’ottobre 2018 ha dimostrato che le conseguenze del riscaldamento del clima sono molto più nefaste se l’aumento è di 2 gradi invece di 1,5 (il riscaldamento attuale è di 1 grado). Attualmente però la maggior parte dei paesi, fra cui la Svizzera, sta seguendo una tendenza che finirà per provocare un riscaldamento di 3, 4 o più gradi. Da sola, la Svizzera non potrà frenare il riscaldamento climatico. Nel 2015 gli Stati membri delle Nazioni Unite hanno approvato l’Accordo di Parigi sul clima. Ora è tempo di applicare nei diversi paesi quanto è stato convenuto: entro il 2050 le emissioni nette di gas a effetto serra vanno ridotte a zero. Entro quella scadenza occorrerà che l’era delle energie fossili giunga a termine. È la domanda chiave dell’Iniziativa per i ghiacciai. Se il Consiglio federale e il parlamento prendessero sul serio l’accordo, la nostra iniziativa popolare non sarebbe necessaria.
In Svizzera le emissioni nette di gas a effetto serra dovranno essere ridotte a zero entro il 2050. Di conseguenza, anche il consumo di carburanti e combustibili fossili dovrà cessare entro il 2050. Le deroghe sono possibili laddove non ci sono alternative tecniche – purché le emissioni di CO2 causate siano compensate mediante pozzi di assorbimento. Infine, l’Iniziativa esige che l’esecuzione della politica climatica sia socialmente sopportabile ed economicamente benefica. Il necessario mutamento è un’opportunità per l’economia e la società – se questa opportunità viene colta.
Il gas a effetto serra maggiormente emesso dalle attività umane è il CO2. A livello mondiale costituisce i due terzi delle emissioni, in Svizzera quattro quinti. Viene prodotto dalla combustione di agenti energetici fossili (petrolio, gas naturale o carbone), dai dissodamenti e dal prosciugamento delle zone umide. Inoltre alcuni processi industriali producono CO2, soprattutto quelli che avvengono nei cementifici. L’agricoltura libera soprattutto i gas a effetto serra metano (CH4) e protossido d’azoto (N2O). Esistono inoltre gas sintetici a effetto serra. Infine, anche il vapore acqueo negli strati superiori dell’atmosfera (stratosfera) agisce come gas a effetto serra prodotto dalle attività umane. Si trova all’altitudine alla quale volano gli aerei. L’intensità dell’impatto varia da un gas a effetto serra all’altro. Viene calcolata in equivalenti CO2 in modo da avere una pietra di paragone.
Gli scienziati parlano di «fonti» e di «pozzi di assorbimento»: tutto ciò che emette gas a effetto serra è una fonte. Tutto ciò che li elimina dall’atmosfera è un pozzo di assorbimento. I boschi la cui biomassa è in aumento, o i suoli la cui proporzione di humus è in aumento sono esempi di pozzi di assorbimento. È però plausibile eliminare il CO2 in pozzi di assorbimento artificiali, ad esempio in giacimenti di gas naturale vuoti. Se le attività umane emettono tanto gas a effetto serra quanto i pozzi di assorbimento consentono di eliminarne dall’atmosfera, l’emissione netta equivale a zero. Il potenziale dei pozzi di assorbimento naturali è però limitato e quelli artificiali non sono ancora stati sufficientemente esaminati. Sarebbe imprudente continuare a incoraggiare le energie fossili, sperando che in futuro il CO2 emesso scompaia come per magia in qualche pozzo di assorbimento.
In Svizzera l’aumento attuale di temperatura corrisponde in media al doppio rispetto al resto del mondo. Gli effetti sono diversi: le estati canicolari del 2018 e del 2003 ne hanno dato un assaggio. I ripetuti giorni di canicola causano morti premature. Il suolo in alta montagna disgela e diventa più instabile, aumentando la frequenza di frane e smottamenti. Per l’abete rosso fa troppo caldo e i boschi protettivi sono minacciati. I ghiacciai fondono e non fungono più da serbatoi d’acqua. L’agricoltura lotta contro le siccità prolungate; i parassiti si moltiplicano maggiormente. Più farà caldo, più sarà difficile e costoso adattarsi.
Per contenere il riscaldamento del pianeta a 1,5 gradi occorre ridurre a zero le emissioni nette di gas a effetto serra causate dalle attività umane entro il 2050, in tutto il mondo. È quanto scaturisce dal Rapporto speciale del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico IPCC, presentato nell’ottobre 2018. La Svizzera, paese benestante, ha il dovere di dare l’esempio nell’ambito della politica climatica. Le nostre emissioni nette dovranno quindi essere azzerate entro il 2050.
Non esiste un livello di emissioni climaticamente sopportabile. La climatologia parla ormai di un «budget». I budget indicano la quantità di gas a effetto serra autorizzati a giungere nell’atmosfera per limitare il riscaldamento in certa misura e con una certa probabilità. Si sente ancora asserire che una tonnellata di CO2 per persona all’anno sia climaticamente sopportabile. Ciò è scientificamente superato: solo le emissioni nette ridotte a zero (o inferiori) sono senza impatto.
Al momento è più conveniente ridurre i gas a effetto serra all’estero che non in Svizzera. Il commercio internazionale delle riduzioni di CO2 appare economicamente «efficiente», poiché bada a ridurre dapprima là dove costa meno. Tuttavia dobbiamo eliminare tutte le emissioni e il tempo stringe. Se ci facilitiamo il compito adesso, comprando il diritto di «compensare» all’estero invece di agire, sarà tanto più difficile intervenire più tardi. Se oggi la Svizzera agisce in questo modo invece di rimodellare la propria economia liberandola dalle energie fossili, pratica un’ostruzione strutturale e scarica la responsabilità sulle generazioni future.
Come iniziativa popolare, l’Iniziativa per i ghiacciai non stabilisce gli strumenti politici: questo sarà l’affare della legge esecutiva. Solo la politica dell’innovazione e della tecnologia è esplicitamente prevista al capoverso 4. Ovviamente abbiamo delle idee sul modo di mettere in esecuzione l’Iniziativa per i ghiacciai. Entrano in considerazione, accanto alla politica tecnologica, prescrizioni sull’impatto climatico di nuovi impianti e infrastrutture, tasse d’incentivazione, limitazioni quantitative («cap and trade»), standard d’efficienza o adattamenti nel campo della politica energetica, agricola, della pianificazione territoriale. Tracciamo i vantaggi e gli inconvenienti dei diversi strumenti nel Rapporto esplicativo all’Iniziativa per i ghiacciai.
Nessuno può prevedere il futuro ma esistono scenari concreti per realizzare un futuro sostenibile dal punto di vista climatico:
- nel 2016, l’Alleanza clima ha presentato nel suo «Masterplan» un piano dettagliato di misure politiche per la Svizzera: http://www.klima-allianz.ch/blog/klima-masterplan
- il documento Exponential Climate Action Roadmap di Future Earth costituisce un Masterplan sul piano globale: https://exponentialroadmap.org
- i modelli matematici dell’informatico Anton Gunzinger esplorano il settore energetico: http://kraftwerkschweiz.ch
- lo scenario Négawatt proveniente dalla Francia: https://negawatt.org
- nelle sue Transition Towns, Rob Hopkins osa ridefinire radicalmente la società: https://transitionnetwork.org e P.M. fa qualcosa di simile per la Svizzera con Neustart Schweiz: https://neustart-schweiz.ch/nach-hause-kommen
- Drawdown propone un catalogo completo di tecniche sostenibili sul piano climatico in tutti i settori: https://drawdown.org/
La cifra è corretta. Tuttavia, se tutte le emissioni vanno ridotte a zero occorre anche il contributo della Svizzera. Come paese ricco e innovatore abbiamo un obbligo particolare dal punti di vista giuridico e morale. Dobbiamo decidere se vogliamo mostrarci coraggiosi o codardi. Se vogliamo cogliere la svolta tecnologica come un’opportunità o perdere il treno. Limitare il cambiamento climatico è anche una questione di diritti umani. La Svizzera, come paese ospite della Croce rossa e delle Convenzioni di Ginevra, è fiera della propria tradizione umanitaria. Darebbe una brutta immagine di sé se non adempisse i suoi doveri sul piano della politica climatica. E se la Svizzera traccia la via verso un mondo senza energie fossili e senza emissioni di gas a effetto serra, risplenderà oltre i propri confini.
No. Negli anni ottanta la Svizzera era pioniera nel campo della politica climatica. Ma di quei tempi passati è rimasto poco. Se si considerano le emissioni pro capite, la popolazione svizzera si trova nella media globale. Se si considerano però le quantità di emissioni che il consumo svizzero causa in tutto il mondo ci troviamo fra i paesi che emettono di più per abitante. Il basso livello di emissioni nel nostro paese non è merito della Svizzera, bensì è dovuto al fatto che nel nostro paese ci sono poche industrie pesanti e che la produzione di elettricità avviene principalmente grazie alle montagne che consentono di far funzionare delle centrali idroelettriche.
Sì, è possibile. Innumerevoli scenari scientifici indicano le possibilità di lasciare le energie fossili, benché nessuno sappia quale scenario si presenterà. Non è una questione di possibilità tecniche, bensì di volontà politica. Non sarà facile abbandonare le principali fonti energetiche e imprimere una svolta all’agricoltura tale da levare del CO2 dall’atmosfera invece di produrre gas a effetto serra. Il mondo sarà diverso. Ma non ci sono motivi per temere che sarà un mondo più brutto: la necessaria svolta offre opportunità economiche, sociali e ovviamente ambientali.
Il potenziale delle energie rinnovabili è enorme. Strutture intelligenti consentono di usare l’energia in modo più parsimonioso ed efficace. Grazie al risparmio, il nostro fabbisogno energetico può essere ridotto. Pertanto, non tutta l'energia fossile che utilizziamo oggi deve essere sostituita uno a uno. Per diffondere le nuove tecniche energetiche occorre sviluppare capacità, modificare il nostro consumo e adattare le condizioni infrastrutturali e istituzionali. Perciò l’Iniziativa per i ghiacciai domanda politiche attive nel campo dell’innovazione e della tecnologia.
Negli ultimi 20 anni, la Svizzera ha speso in media più di 7 miliardi di franchi all'anno per l'energia fossile. Questi soldi si spostano verso paesi quali l’Arabia Saudita e la Russia. Anche modificare l’economia affinché diventi sostenibile dal punto di vista climatico richiederà soldi. Tuttavia, il valore aggiunto rimarrà in gran parte in Svizzera e creerà posti di lavoro nel nostro paese. E ogni provvedimento per arginare il cambiamento climatico costerà meno di quanto causerà un cambiamento climatico catastrofico, sul piano delle sofferenze e dei costi. Secondo uno studio condotto dalla ZHAW nel 2021, il potenziale di creazione di valore di un'espansione accelerata delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica è più dell'80 per cento superiore a quello di un'espansione moderata. Il professore e imprenditore dell'ETH Anton Gunzinger ha anche calcolato un modello energetico. Secondo quest’ultimo, nel 2050 l’approvvigionamento energetico senza energie fossili e nucleari richiederà 1050 miliardi di franchi, di cui due terzi rimarranno nel nostro paese. Mantenere lo status quo costerà invece 1790 miliardi, di cui solo 500 rimarranno in Svizzera. Il modello Gunzinger procurerebbe 200'000 posti di lavoro, lo status quo solo 140'000.
Sì: prima di scomparire dal mercato dopo il 2050, l’olio combustibile e la benzina aumenteranno di prezzo. Per i consumatori il prezzo di un litro di olio da riscaldamento o di benzina non è tuttavia decisivo. Ciò che conta è ciò che oggi richiede olio combustibile e benzina: il salotto riscaldato e la mobilità privata. Se l’energia è più cara ma ne occorre meno per riscaldare o spostarsi, alla fin fine si risparmiano soldi. Le nuove tecniche energetiche possono sostituire quelle vecchie, dipendenti dalle energie fossili, e l’energia da fonti rinnovabili è viepiù conveniente, contrariamente al petrolio e al gas naturale. Delle politiche dei trasporti e della pianificazione territoriale impostate in modo intelligente possono inoltre consentire più mobilità con meno traffico, grazie a percorsi più brevi. Affinché la politica climatica non avvenga sulle spalle dei poveri, il capoverso 4 dell’Iniziativa per i ghiacciai prescrive la sostenibilità sociale.
No. Il capoverso 4 dell’Iniziativa per i ghiacciai prevede l’allestimento di una politica climatica socialmente sostenibile. Le alternative esistono, ad esempio nel campo della mobilità con i mezzi di trasporti pubblici, molto ben sviluppati in Svizzera. I poveri beneficerebbero addirittura di una tassa d’incentivazione che sarebbe riversata alla popolazione: chi consuma meno energie fossili della media riceve di più di quanto deve pagare per la tassa.
Il mutamento tecnologico deve avvenire sul piano mondiale. La Svizzera è in grado di partecipare e di coglierlo come opportunità, o di tenersi in disparte. Se lo coglie come opportunità, ad esempio sviluppando tecniche rispettose del clima, contribuirà anche oltre le frontiere nazionali a trovare una soluzione alla crisi climatica. Ovviamente ogni mutamento implica vincenti e perdenti. L’economia del petrolio farà parte dei perdenti. Si difenderà. Ma non ci sono motivi per supporre che tutta l’economia sarà danneggiata. Fintanto che in Svizzera certi processi produttivi vengono rincarati da strumenti di politica climatica non si può parlare di svantaggio per l’economia indigena. Il capoverso 4 dell’Iniziativa per i ghiacciai propone strumenti per compensare eventuali svantaggi di questo tipo.
No. Sarà un gran lavoro ma non un’esigenza eccessiva. Se la Svizzera applica l’Iniziativa per i ghiacciai esegue semplicemente ciò che hanno deciso in pieno consenso gli Stati membri delle Nazioni Unite nel 2015. La nostra esigenza non è esagerata ma radicale, nel senso che afferra il problema alla radice.
Quando il mondo cambia, e cambia continuamente, alcune persone devono rinunciare a certe cose, mentre altre ne traggono vantaggio. La domanda va posta diversamente: a che cosa dovremo rinunciare? E ci sono alcune cose cui la maggior parte della gente rinuncerà volentieri: al rumore, ai gas di scarico e alle polveri fini, ad esempio… Il nostro comportamento attuale nei confronti dell’energia non consente solo libertà: causa anche compulsioni che rendono difficile comportarsi parsimoniosamente. Non si tratta di forzare all’astinenza, bensì di facilitare un buon stile di vita con meno consumo di risorse, ad esempio più mobilità con meno traffico grazie a una buona pianificazione territoriale.
Se non si riuscirà a contenere il riscaldamento, il caldo, la siccità, i mutamenti nelle precipitazioni e le catastrofi naturali causate dal maltempo costringeranno a cambiare stile di vita. È già così in molti luoghi. Anche i provvedimenti atti a limitare il cambiamento climatico comporteranno mutamenti nello stile di vita. Tuttavia, questi possono essere pianificati e decisi; non sarà così in caso di catastrofe e di misure d’urgenza. E non ci sono motivi per supporre che il nostro stile di vita sarà peggiore in un mondo rispettoso del clima. Al contrario: il Rapporto speciale del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico IPCC dell’ottobre 2018 indica che gli effetti di una politica climatica ambiziosa saranno in gran parte benefici nei confronti degli obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite (ridurre la povertà, la fame nel mondo, ecc.).
Questa è la domanda ricorrente. Ma che cos'è « il sistema » esattamente ? Preferiamo parlare di « sistemi » - al plurale. Ciò include, per esempio, il sistema energetico : quest'ultimo deve, in ogni caso, essere trasformato perché il nostro attuale approvvigionamento in energia, nuoce al clima e in questo modo la Costituzione, che richiede delle sorgenti di energia rispettose dell'ambiente (Art. 89). D'altronde, il GIEC afferma che « dei cambiamenti di sistema in ogni settore dell'economia » sono necessari (IPCC SR1.5 SPM C.2). Alcuni sistemi devono comunque essere modificati, altri forse no. Una certezza rimane : Dobbiamo agire ancora prima di aver cambiato il « sistema » - che potrebbe durare per sempre. Cioè adesso.
Non conosciamo le possibilità tecniche del futuro. Oggi, in Svizzera i trasporti aerei causano circa un quinto delle emissioni di gas a effetto serra. La popolazione svizzera apprezza particolarmente i voli in aereo: 9000 chilometri pro capite e all’anno (2015) e la tendenza è all’aumento. Qualsiasi sia lo sviluppo tecnico, tanti chilometri in aereo non sono sostenibili dal punto di vista climatico. Oggi l’aviazione è direttamente e indirettamente molto sussidiata, rispetto agli altri mezzi di trasporto. In molti casi, i treni notturni non riescono quindi a tenere il passo. A parità di condizioni i collegamenti in treno sarebbero più frequenti e migliori.
Sì. La detenzione animale è importante anche nell’agricoltura sostenibile. L’Iniziativa per i ghiacciai non si esprime esplicitamente circa la produzione di carne. Fintanto che la detenzione animale produce gas a effetto serra, occorrono tuttavia pozzi di assorbimento per queste emissioni. La legislazione sull’agricoltura deve essere maggiormente orientata verso la sostenibilità ambientale. Le detenzioni animali svizzere importano molto foraggio. La politica estera svizzera deve garantire che non siano importati foraggi per la cui produzione vengono dissodati boschi o prosciugate zone umide, poiché la distruzione di tali ecosistemi emette enormi quantità di gas a effetto serra. Il consumo di carne in Svizzera è elevato rispetto alla situazione internazionale. Se ogni persona su questo mondo mangiasse tanta carne (e latticini) quanto gli svizzeri l’alimentazione mondiale crollerebbe. Ridurre il consumo pro capite di carne è opportuno dal punto di vista ecologico e sociale.
Un’azione isolata conterebbe poco. Ma la Svizzera non agisce sola: si è impegnata sul piano del diritto internazionale, nell’ambito della diplomazia climatica, come tutti gli altri paesi. Ogni nazione deve ridurre a zero le proprie emissioni nette, i paesi ricchi prima degli altri. Nel febbraio 2021, gli Stati Uniti e il Canada si sono accordati sull'obiettivo dello zero netto entro il 2050. Due mesi dopo, l'UE ha approvato una legge uniforme sul clima. Questo prevede anche emissioni nette zero di gas a effetto serra entro il 2050 e una riduzione del 55% delle emissioni di CO2 entro il 2030 rispetto al 1990. Paesi come l'Austria e la Svezia fanno un passo avanti e vogliono ridurre le loro emissioni a zero entro il 2045, la Finlandia addirittura entro il 2035.
’Iniziativa non si esprime al riguardo. La Svizzera ha deciso di mantenere in esercizio le centrali nucleari esistenti finché sono sicure, ma di non sostituirle. L’Iniziativa per i ghiacciai non farà cambiare questa decisione. Alcuni temono che in futuro si punterà maggiormente sull’energia nucleare, quando verranno abbandonate le energie fossili. I modelli scientifici indicano che non sarà necessario, se le energie rinnovabili saranno sviluppate e se l’energia sarà usata in modo parsimonioso.
No. Le attuali prescrizioni circa la tutela della natura, dei corsi d’acqua, del paesaggio e del patrimonio culturale rimangono in vigore e devono essere rispettate anche nello sviluppo delle energie rinnovabili. Non si tratta di sostituire l’intero consumo energetico attuale, molto elevato. L’energia può essere sfruttata meglio di quanto si fa oggi. La cosiddetta Società a 2000 Watt prevede di ridurre di un terzo il consumo energetico pro capite. Parecchie città e cantoni hanno sottoscritto questo obiettivo. Certamente le capacità di produrre energia rinnovabile dovranno essere sviluppate e la maggior parte di queste forme di energia richiede più superficie delle energie fossili. Si tratta di fare ciò che è sensato nel posto adeguato. Per i pannelli solari sono ancora disponibili molte superfici nella zona edificabile (i tetti).
La Svizzera è un piccolo paese ma è un grande attore sul mercato finanziario globale. L’Accordo di Parigi sul clima richiede che anche i flussi finanziari siano adeguati all’obiettivo di un mondo senza gas a effetto serra. Ciononostante, le banche, le assicurazioni e le casse pensioni svizzere continuano a investire nell’estrazione di carbone, petrolio e gas naturale. L’Iniziativa per i ghiacciai non contiene disposizioni circa la piazza finanziaria. Prima che sia approvata e che entri in vigore saremo già nel 2028. Sarà troppo tardi: gli investitori devono ritirarsi quanto prima dall’estrazione delle fonti energetiche fossili.
La maggior parte delle emissioni di gas a effetto serra causate dal consumo svizzero non avvengono in Svizzera, bensì all’estero, dove viene fabbricata gran parte dei prodotti. Si parla di «emissioni grigie». L’Iniziativa per i ghiacciai non può prescrivere la maniera di produrre negli altri paesi. Tuttavia, nell’ambito dell’Accordo di Parigi, anche questi paesi sono tenuti ad azzerare le proprie emissioni. Il capoverso 4 dell’Iniziativa per i ghiacciai consente inoltre di compensare eventuali svantaggi nell’economia interna mediante provvedimenti adeguati. In questo modo impediamo che le industrie fortemente emettenti migrino semplicemente all’estero e continuino a emettere come prima, invece di ridurre le proprie emissioni.
L’articolo 74a proposto concretizza gli obiettivi della Costituzione federale, finora non adempiuti: Art. 2: «La Confederazione Svizzera si impegna per la conservazione duratura delle basi naturali della vita (…).» Art. 10: «Ognuno ha diritto alla vita.» Art. 73: «La Confederazione e i Cantoni operano a favore di un rapporto durevolmente equilibrato tra la natura, la sua capacità di rinnovamento e la sua utilizzazione da parte dell’uomo.» Art. 74: «La Confederazione emana prescrizioni sulla protezione dell’uomo e del suo ambiente naturale da effetti nocivi o molesti. Si adopera per impedire tali effetti. I costi delle misure di prevenzione e rimozione sono a carico di chi li ha causati.» Art. 89: «(…) la Confederazione e i Cantoni si adoperano (…) per un approvvigionamento energetico (…) ecologico (…)»
No. La combustione delle materie plastiche in un impianto d’incenerimento produce CO2. Queste emissioni sono comprese nel capoverso 2 dell’Iniziativa: sono ammesse purché i pozzi d’assorbimento riescano a neutralizzarle. La produzione di materie plastiche richiede carbonio. Oggi quest’ultimo proviene essenzialmente dal petrolio. Può però essere sostituito da carbonio proveniente da detriti vegetali o dall’atmosfera.
Il Rapporto speciale dell’IPCC dell’ottobre 2018 indica che gli approcci ambiziosi alla riduzione delle emissioni hanno come effetto collaterale la diminuzione della povertà. Gli obiettivi di sviluppo delle NazioniUnite (Sustainable Development Goals) saranno così più facilmente raggiunti. Ciò confuta l’argomento che sostiene che la politica climatica sia cattiva per i paesi in via di sviluppo. Indugiare sarebbe irresponsabile anche da questo punto di vista. È inoltre chiaro che sarebbe cinico esigere sforzi ai cosiddetti paesi in via di sviluppo senza muovere un dito. La Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992 (UNFCCC) stabilisce che i paesi devono agire secondo le proprie responsabilità e capacità. Come paese industrializzato da molto tempo, la Svizzera ha contribuito in modo sproporzionato al cambiamento climatico. Oggi, come paese ricco e innovatore, ha migliori possibilità di altri. Si trova quindi doppiamente nell’obbligo di agire.
No: non sarà la tecnica a salvarci da sola. Ma la tecnica è un fattore importante. La tecnica si sviluppa sempre in determinate condizioni politiche. Spesso le cosiddette path dependence impediscono l’affermarsi di nuove tecniche che invero sarebbero vantaggiose. Per vincere la crisi climatica occorre una trasformazione tecnologica. Sta alla politica creare le premesse adeguate.
La scomparsa dei ghiacciai è la conseguenza più visibile del cambiamento climatico in Svizzera. I ghiacciai immagazzinano acqua; senza ghiacciai, al disgelo delle nevi vi è pericolo di inondazioni, mentre in estate i torrenti e i fiumi rischiano di prosciugarsi. Gran parte dei ghiacciai esistenti fonderà, anche se saranno raggiunti gli obiettivi dell’Accordo di Parigi sul clima. Il ghiacciai moribondi sono un segnale di emergenza. Ciò che capita loro deve essere impedito in altri settori. Non si tratta infatti «solo» dei ghiacciai: ne va della produzione alimentare, della salute pubblica, della biodiversità, della produzione economica, della stabilità politica… e alla fin fine della sopravvivenza delle civiltà umane.
L’Associazione svizzera per la tutela del clima è stata fondata nel 2018. È indipendente e apartitica. Nel gennaio 2019 ha deciso di lanciare l’Iniziativa per i ghiacciai. L’Associazione è indipendente ma non è sola: ovviamente collaboriamo con parecchie altre organizzazioni e partiti politici che condividono i nostri obiettivi. Come l’Associazione, il comitato d’iniziativa riceve un ampio sostegno. Un consigliere o una consigliera nazionale di quasi tutti i grandi partiti svizzeri fa parte del comitato d’iniziativa. Sono inoltre rappresentate la gioventù e la terza età, la scienze e l’economia, l’agricoltura e gli sport invernali, le chiese, uomini e donne, persone di ogni regione del paese.